domenica 13 settembre 2009

13. I tedeschi

Nel 1815 la Germania è ancora divisa e l’unico paese in grado di guidarne l’unità nazionale è la Prussia, che intanto si limita a realizzare un’unità economica (1834), consentendo una crescita industriale tale da rendere il paese competitivo con le altre grandi potenze. Intanto, i cantori dello spirito nazionale, come Gottfried Herder (1744-1803) J.G. Fiche (1762-1814) e Friederich Schlegel (1772-1829), fanno la loro parte e contribuiscono a sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti dell’ideale nazionalistico. Il resto lo farà Bismarck, uno dei capi dell’estrema destra, che è stato chiamato al potere dal re prussiano Guglielmo I nel 1862. Allo scopo di unificare la Germania sotto l’egemonia della Prussia, Bismarck conduce un’abile politica che inizia dalla riorganizzazione militare del paese per poi passare alla preparazione di una guerra contro gli Asburgo, che si conclude con la vittoria di Sadowa (1866) e l’emancipazione della Germania dall’Austria. Volge quindi la propria attenzione alla Francia e, dopo aver provocato Napoleone III sì da indurlo a dichiarare guerra, lo sconfigge a Sedan (1870), creando così le condizioni per proclamare Guglielmo I imperatore tedesco (1871) e portare a compimento l’unità della Germania.
Anche se alcune conquiste coloniali vengono realizzate da gruppi privati in Africa, in Togo e in Camerun (1884-5), Bismarck rifiuta di impegnarsi in una politica imperialista, preferendo concentrarsi sui problemi interni, che, secondo lui, sono costituiti principalmente dall’avanzata dei socialisti. Il suo obiettivo è quello di modernizzare il paese, laicizzandolo e adeguandolo ai principî liberali. Nel 1863 Ferdinad Lassalle fonda l’”Associazione generale dei lavoratori”, il primo partito organizzato della Germania, che vuole creare cooperative di lavoratori e chiede il suffragio universale. Nel 1875 esso confluisce nel “Partito operaio socialdemocratico tedesco”, d’ispirazione marxista, che è stato fondato sei anni prima.
I rapidi successi dei socialisti spingono Bismarck ad affrontare la questione sociale e lo fa prima emanando leggi repressive (1878), poi, allo scopo di evitare uno scontro frontale e nel tentativo di battere le sinistre con le loro stesse armi, avviando un’intelligente politica di riforme (assicurazione contro le malattie, 1883; assicurazione contro gli infortuni, 1884; assicurazione contro l’invalidità e la vecchiaia, 1884), che ha l’effetto di porre lo stato sociale della Germania all’avanguardia nel mondo, anche se non riesce a distogliere gli operai dal socialismo. Nel 1890, in occasione del congresso di Erfurt, il Partito operaio socialdemocratico tedesco elabora un Programma, che resterà a lungo un punto di riferimento per le sinistre in Europa.

13.1. Il programma di Erfurt
Il programma prevede un articolato piano di riforme democratiche, i cui punti salienti sono la trasformazione della proprietà privata dei mezzi di produzione in proprietà sociale, il suffragio universale con votazione segreta per tutti i cittadini superiori a vent’anni e senza differenza di sesso, l’istituzione del referendum di proposta e di rigetto, la libertà di parola e di associazione, la dichiarazione della religione come questione privata, l’istituzione di una scuola obbligatoria e gratuita, la gratuità dell’amministrazione della giustizia e delle prestazioni mediche, giudici eletti dal popolo, l’abolizione della pena di morte, la riduzione della giornata lavorativa a otto ore con diritto al riposo settimanale, il divieto del lavoro per i minori, la sicurezza degli impianti, un sistema di previdenza sociale, tasse progressive sul reddito e sulla proprietà.

Desideroso di intraprendere una politica coloniale di grande respiro e di realizzare una “Grande Germania”, comprendente Austria, Belgio e Olanda, Guglielmo II (1888-1918) costringe Bismarck a lasciare il potere (1890) e, dopo aver fondato la Lega pantedesca (1891), che proclama il diritto dei popoli civilizzatori all’espansione e rivendica il ruolo egemone della Germania in Europa, si lancia in una decisa corsa agli armamenti, finendo per suscitare prima l’inquietudine e poi l’ostilità della Gran Bretagna e creando le condizioni favorevoli alla guerra.
Intanto le sinistre avanzano e, nel 1912, i socialdemocratici diventano il primo partito della Germania. Il fatto che essi non si oppongano minimamente all’esplosione del conflitto mondiale del 1914, induce una minoranza a staccarsi e a fondare il “Partito socialdemocratico indipendente tedesco”, Uspd (1917), la cui ala sinistra, a sua volta, si stacca e fonda il “Partito comunista tedesco”, Kpd (1918). Ai margini dei partiti ufficiali vanno sorgendo spontaneamente, in Germania, a partire dal 1918, dei consigli di operai e di soldati, simili ai soviet ma indipendenti da questi, favoriti anche dal pensiero di stampo comunista di alcuni intellettuali di lingua tedesca, come Otto Rühle, Hermann Gorter, Anton Pannekoek, Karl Korsch e Paul Mattick, che aspirano alla presa del potere da parte della classe operaia.
Accanto alle forze di sinistra, ci sono anche organizzazioni di centro e di destra. Tra queste ultime, si distinguono alcuni gruppi che recriminano contro la pace di Versailles e vogliono restituire la grandezza perduta al loro paese. Nel gennaio 1919 essi fondano il “Partito nazionalsocialista”, Nsdap. Poco dopo, a Weimar, viene varata la nuova Costituzione della Repubblica (agosto 1919), che si richiama ai principi liberali e riconosce i diritti individuali e tutela la proprietà privata.

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